Quello del sarto (mèste pànne, in dialetto di Alberobello) è indubbiamente uno tra i mestieri più affascinanti. Vestire uomini e donne richiedeva abilità e competenze, creatività e amore per i tessuti. Le vetrine dei sarti erano sempre pulite, ordinate e invitavano ad entrare in quel mondo dove regnava la bellezza. Era sicuramente un mestiere di rilevanza sociale e infatti i sarti di un tempo erano istruiti, leggevano molto ed erano felici di dare sfoggio alla loro cultura; nelle sartorie, per esempio, non mancavano mai i giornali. Di solito il sarto vestiva con camicia e gilet, e su questo aveva sempre puntati alcuni aghi con il filo pronto.
Il sarto si avvaleva di pochi, ma indispensabili strumenti: un grande tavolo, una sedia, la macchina da cucire, le forbici, le stoffe, la fettuccia metrica, i modelli di carte per abiti, gli immancabili ferri da stiro a carbone e, naturalmente, cotone, ago e ditale. Tutti gli strumenti autentici si trovano in uno dei trulli dell'albergo diffuso Trulli Holiday, interamente dedicato all'antico mestiere del sarto.
La ricerca di particolari, finezze ed errori da parte del sarto sugli abiti era maniacale, tanto che oggi “tagliare” significa parlare alle spalle di qualcuno ispirandosi, appunto ad alcuni particolari.
Fonte: “Umanesimo della Pietra. Riflessioni”, annuari1999/2008. (Gino Angiulli, professore, Geologo e scrittore).
In foto: Tonino Lacitignola ("Il polpo"), l'ultimo sarto di Monopoli che nella sua bottega (molto in voga qualche decennio fa) continua a lavorare accontendando moltissimi clienti con la sua bontà ed esperienza, nonostante la sua veneranda età.